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mercoledì 12 giugno 2013

I libri sono come i baci



Se pensate che la vita sia troppo breve per rileggere libri già letti, per rivedere film già visti, visitare posti che si conoscono già, credete che rinuncereste a un bacio dal vero amore solo perché lo avete già avuto? All’emozione di un tramonto, solo perché lo avete visto altre volte? A una giornata al mare, perché insomma, è sempre lo stesso mare?
Non esiste bacio che sia uguale a un altro, il tramonto ti lascerà dentro qualcosa di diverso ogni volta che troverai il tempo di guardarne uno, e il mare, il mare non si ferma mai!
Così in questi giorni ho sentito un richiamo e non ho saputo rifiutare… “Il dio delle piccole cose” è sceso dalla mensola della libreria in cui dormiva insieme agli altri compagni ed è di nuovo fra le mie mani. È il vero amore, ma non è più il primo bacio, non il primo appuntamento, nessuna esitazione o timidezza, ci si conosce bene. Non pensate che sia meno romantico, è solo più appassionato, ci si sfoglia più in fretta per riabbracciarsi, per ricordarsi, e sì. Che lo ricordo!
Ricordo la sensazione di vertigine che provai quando iniziai a leggerlo, una forza che mi trascinava dentro e giù, in fondo e io mi opposi, tirando su la testa come per non annegare. Quando fui in mezzo al fiume, là dove l’acqua si fa più profonda e la corrente più forte, lo incontrai davvero e mi consegnò la chiave del suo cuore. Mi venne voglia già allora di ricominciare daccapo! 
Scrivendo, Arundhati Roy ha creato come dei cerchi concentrici. Li ha creati con delle piccole cose, raccontate poco alla volta o tutte insieme, il dio delle piccole cose, delle piccole vite, delle piccole storie che insieme raccontano la Storia, il Mondo, la Vita. Storie di piccoli uomini, sullo sfondo della grande Storia, di un paese complicato e duro come l’India, tormentato e diviso tra la rivoluzione marxista e i rigidi pregiudizi di casta. Storie di amori sbagliati e di una bellezza struggente, che non trovano posto o perdono nell’ottusa legge dell’uomo, ma che sono là per chi ha ancora bellezza negli occhi per riuscire a vederle. In fondo ho sempre creduto che è là, dove la vita è più aspra e dura, che Dio sembra aver nascosto gran parte della sua bellezza, una bellezza che non a tutti è dato di vedere. Per chi non la vede, l’unica strada possibile è quella di distruggerla, cancellarla, per negarla, al mondo. Perché chi non la vede la teme, ne ha paura come di un’epidemia… “una paura rozza e inconfessata: la paura della civiltà di fronte alla natura, dell’uomo di fronte alla donna, del potere di fronte all’impotenza. L’impulso subliminale che l’uomo ha di distruggere quello che non può sottomettere né divinizzare”.
L’andamento della narrazione non segue un ordine cronologico, vediamo attraverso gli occhi di due gemelli dizigotici, una visione imparziale, pura, di due anime che si conoscevano ancora prima che la vita cominciasse. Il linguaggio è fortemente evocativo, le parole diventano cose, colori, odori che arrivano veri. Con la lingua si gioca, spesso i gemelli leggono parole al contrario, storpiano nomi, si fanno carezze…
L’ultimo capitolo racconta dell’incontro, dell’amore, un racconto appassionato e fortemente sensuale, è come se l’autrice volesse lasciarci così, dopo la perdita, la morte. Nonostante le cose orribili che sono successe, l’amore, la speranza di quella piccola promessa: Naaley. Domani.
Perché l’amore spera, contro ogni legge, contro ogni predizione, l’amore è lasciarsi e dirsi domani.
Ci sono cose che migliorano con il tempo e l’esercizio, ci vuole passione, certo… tra questi ci sono i baci e i libri.  

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